Immagina uno strumento facilmente disponibile e potente in grado di ritardare significativamente l’invecchiamento del cervello e difendere contro la demenza. Questo strumento esiste ed è l‘esercizio fisico.
L’esercizio fisico, strumento potente contro l’invecchiamento del cervello e la demenza, ha dimostrato notevoli benefici negli studi.
Uno studio ha scoperto che alti livelli di fitness nelle donne di mezza età hanno ritardato l’inizio della demenza di 9,5 anni; pubblicato sulla rivista scientifica “Annals of Internal Medicine” nel 2018 e ha come titolo “Midlife Cardiovascular Fitness and Dementia: A 44-Year Longitudinal Population Study in Women”.
Lo studio ha esaminato la relazione tra la forma fisica cardiovascolare a metà della vita e l’insorgenza della demenza in un campione di 44 donne svedesi. I risultati hanno dimostrato che i livelli di forma fisica cardiovascolare a metà della vita erano inversamente correlati all’insorgenza della demenza, con un ritardo dell’insorgenza della demenza di circa 9,5 anni nei soggetti con elevati livelli di forma fisica rispetto ai soggetti con bassi livelli di forma fisica.
Mentre un altro studio pubblicato sulla rivista scientifica “JAMA Network Open” nel 2019 che ha come titolo “Association Between Accelerometer-Measured Physical Activity and Brain Volumetry in a Multiethnic Cohort of Older Adults”, ha esaminato la relazione tra l’attività fisica misurata attraverso accelerometro e la struttura cerebrale in un campione di adulti anziani di diverse etnie. I risultati hanno dimostrato che un aumento dell’attività fisica era associato a una maggiore densità della materia grigia in alcune regioni del cervello, in particolare nell’ippocampo, una zona cerebrale importante per la memoria.
Ecco 5 importanti punti chiave di questi due studi:
1. L’esercizio fisico è un intervento potente per ritardare l’invecchiamento del cervello e proteggere contro la demenza.
2. Elevati livelli di fitness possono significativamente ritardare l’inizio della demenza.
3. Un aumento dell’attività fisica è associato a volumi cerebrali più grandi e regioni corticali più spesse.
4. Passare da uno stile di vita sedentario a un’attività moderata offre immediati e sostanziali benefici cerebrali.
5. L’esercizio fisico contrasta le malattie neurodegenerative e la declinazione cognitiva con l’avanzare dell’età.
Abbracciare l’esercizio fisico può trasformare la salute del nostro cervello mentre invecchiamo. Ricorda questo la prossima volta che cerchi una scusa per saltare l’attività fisica durante la giornata.
https://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2023/05/hero-4.png33756000adminhttps://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/logo_risicato_a-min.pngadmin2023-05-15 16:58:342023-05-15 17:16:41Malattie neurologiche ed esercizio fisico
Definizione OMS: La salute è uno stato di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia, che dipende da molti fattori tra i quali la genetica, lo stile di vita e l’ambiente sociale e fisico in cui un individuo vive. Il comportamento che maggiormente lede alla salute è la sedentarietà, ovvero l’assenza di sufficiente movimento.
Il comportamento che maggiormente lede alla salute è la sedentarietà
Un concetto che viene sempre enfatizzato e portato avanti in quest’opera di sensibilizzazione è quello di prevenzione che come la stessa etimologia indica, significa arrivare prima, in campo sanitario, della malattia. Spesso però questa parola viene associata agli screening come la mammografia, il PAP test, analisi di routine, elettrocardiogramma, colonscopia, test genetici, radiografie ecc., ad esami quindi che cercano di individuare la patologie nelle sue fasi iniziali e non prevenirla in senso stretto. Riflettendo quindi sul valore di questa giornata e sull’importanza nel sensibilizzare ancor di più le persone, mi piacerebbe andare oltre e parlare di prevenzione come strategia per evitare la malattia o ritardare il più possibile la sua insorgenza.
Quali sono oggi le principali cause di morte? Al primo posto troviamo le malattie cardiovascolari ed al secondo i tumori! La prevenzione su entrambe queste due importanti cause di morte, si concentra sugli screening e come ho già affermato, sul cercare di diagnosticare per tempo la problematica e quindi intervenire farmacologicamente o chirurgicamente; è infatti chiaro che la stessa terapia ad esempio per il tumore al colon, ha un effetto totalmente diverso in termini di sopravvivenza a 10 anni, se rivolta ad uno stadio 1 rispetto ad uno stadio 4 in cui miliardi di cellule tumorali sono già disseminate.
Dal punto di vista di sensibilizzazione quali sono le strategie applicate? Attualmente ci si concentra nel cercare di informare la popolazione sull’importanza degli screening e dei controlli periodici, ma a mio avviso poco sull’educare la popolazione sul come poter evitare che queste due prime cause di morte si presentino precocemente. L’educazione in tal senso dovrebbe essere affidata a politiche informazionali che coinvolgano le scuole, la televisione, i posti di lavoro affiancati ovviamente da tecnici sanitari.
…prevenzione che come la stessa etimologia indica, significa arrivare prima, in campo sanitario, della malattia
Come poter procrastinare la malattie cardiovascolari ed i tumori ed espandere la durata di vita in salute? Tutti sappiamo che il movimento e l’alimentazione incidono su entrambe le problematiche ma non tutti associano la quotidianità del nostro stile di vita all’insorgenza di malattie che spesso si manifestano dopo i 50 -60 anni.
La scienza ci viene incontro e studiando per esempio l’elite degli atleti, ci dice che questi vivono mediamente molto più a lungo ed in salute rispetto ai sedentari, ci dice anche che una persona non sportiva dopo i 65 anni, che comincia a praticare movimento in modo costante, allunga la sua aspettativa di vita di molto. I meccanismi fisiologici che spiegano questi dati, sono tanti, ma per sintetizzare, possiamo dire che sono legati ad una maggiore efficienza metabolica a livello cellulare, cioè ad una maggiore capacità di ogni singola cellula di gestire le risorse di energia e gli scarti derivati dall’utilizzo dei carburanti cellulari.
gli atleti vivono mediamente molto più a lungo ed in salute rispetto ai sedentari…
Ma quali carburanti utilizzano le nostre cellule? Domanda che spesso rivolgo ai miei pazienti ed ai quali sono solito spiegare con un’analogia: siamo come una macchina ibrida che può utilizzare due carburanti, nel nostro caso sono i carboidrati (zuccheri) ed i grassi le nostri fonti di energia; l’evoluzione ha dato ad entrambi un ruolo, fornire il substrato per la produzione di energia (ATP), che è essenziale a tutte le forme biologiche nello svolgimento di qualsiasi attività metabolica e quindi per vivere. Ma ovviamente l’evoluzione ha consentito che i ruoli si diversificassero, permettendo ai carboidrati di poter essere immagazzinati sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato e di poter essere utilizzati rapidamente quando ad esempio dovevamo scappare in fretta da un predatore, ed ai grassi di poter essere immagazzinati nelle cellule adipose e di poter essere utilizzati lentamente per esempio quando eravamo soliti compiere 40000 passi al giorno per cacciare i grandi erbivori o durante i periodi di scarsità di cibo.
La capacità dei muscoli e del fegato di immagazzinare glicogeno è molto inferiore rispetto alla capacità del tessuto adiposo di immagazzinare grasso, infatti anche il più magro dei maratoneti possiede una quantità di grasso che gli consentirebbe di sopravvivere a digiuno anche per un mese! Il grasso è il substrato energetico che ha permesso all’Homo Sapiens ed anche ad altre forme biologiche presenti in natura (esempio uccelli migratori, balene, orsi….) di non estinguersi durante le carestie, nel corso della nostra storia evolutiva di Sapiens lunga circa 200.000 anni.
Ma perché è importante conoscere i nostri carburanti in relazione a queste due prime cause di mortalità? Come già accennato, gli atleti e le persone moderatamente allenate, hanno una maggiore efficienza metabolica, definita come flessibilità metabolica cioè capacità a livello cellulare di poter utilizzare i carboidrati ed i grassi in maniera più specifica e più adatta al compito richiesto; ad esempio chi vince il Tour de France si è visto possedere una incredibile capacità nell’utilizzo dei grassi e del lattato (derivato dall’utilizzo dello zucchero nel processo di glicolisi anaerobica) molto maggiore rispetto ad una persona sedentaria e ancor di più ad un paziente affetto da sindrome metabolica o da tumore; si è visto possedere un maggior numero di mitocondri (organelli intracellulari all’interno dei quali si produce la maggior parte delle molecole di energia ATP), ed anche una maggiore qualità funzionale degli stessi. La scienza sta sempre più studiando e capendo il ruolo svolto da questi incredibili organelli, che in origine erano batteri indipendenti e che si sono adattati da circa 4 miliardi di anni a vivere all’interno di cellule più grandi svolgendo il ruolo di centrale energetica, e sta capendo ad esempio che esiste un rapporto inversamente proporzionale tra funzionalità mitocondriale e insorgenza di malattie cardiovascolari, tumorali e neurologiche.
Ma lo studio degli atleti ci dice già che il movimento aumenta l’efficienza mitocondriale e quindi torniamo al concetto di movimento come prevenzione, come strumento per migliorare la modalità con la quale ogni singola nostra cellula è in grado di utilizzare i carburanti per funzionare al meglio. In particolare sappiamo che l’allenamento in Zona 2, (ad esempio correre, allenarsi ad un passo non troppo leggero, che consenta di parlare ma senza essere in affanno) è quello che ha il maggior impatto sul miglioramento mitocondriale, si è visto che bastano 30 minuti 3 volte a settimana praticati con costanza per ottenere questo effetto.
lo studio degli atleti ci dice già che il movimento aumenta l’efficienza mitocondriale e quindi torniamo al concetto di movimento come prevenzione
Quali i principali drivers tumorali? L’eziologia tumorale è ovviamente multifattoriale e molto complessa e diversa per tipo di tumore, ma oggi sappiamo che solamente il 5% di pazienti con tumore, possiede mutazioni genetiche germinali (cioè mutazioni che avvengono nei geni delle cellule da cui ha origine una nuova vita e quindi ereditabili), il restante 95% di pazienti con tumore possiede mutazioni genetiche somatiche (cioè che avvengono in qualsiasi altra cellula del corpo e non ereditabili) e determinate da fattori ambientali. Ma quali sono i più importanti fattori che aumentano il rischio di queste mutazioni somatiche e quindi il rischio di ammalarsi di tumore? Il fumo, l’alcool e l’obesità sono i tre principali, ma mentre i primi due sono maggiormente associati dalla popolazione generale al rischio tumori, grazie alle campagne informative adottate, l’obesità non viene ancora largamente considerata un potente fattore di rischio tumorale dalla persona comune, ma solo considerata una problematica estetica. Sappiamo oggi che il meccanismo con il quale l’obesità aumenta il rischio tumori è legato all’infiammazione e ad un fenomeno chiamato insulino-resistenza, lo stesso fenomeno che è presente nel diabete di secondo tipo. L’insulina è l’ormone che permette allo zucchero presente nel sangue di entrare all’interno delle cellule per poter essere utilizzato come carburante o immagazzinato come glicogeno e ogni volta che ingeriamo un pasto questo ormone si alza per compensare l’innalzamento della glicemia, ma si alzerà maggiormente se ingeriamo un pasto con prevalenza di carboidrati rispetto ad un pasto in cui prevalgono le proteine o meno ancora se a prevalere sono i grassi. Nell’insulino-resistenza l’insulina comincia a non funzionare più come dovrebbe ed i tessuti cominciano a diventare appunto resistenti a questo ormone con conseguente innalzamento della glicemia. Questo fenomeno si istaura però dopo 20-30-40 anni di innalzamento continuo e costante di questo ormone “iperinsulinemia”, dovuto ad una alimentazione sbilanciata in carboidrati, ad una mancanza di movimento, di educazione alimentare ed al continuo bombardamento di messaggi pubblicitari riguardanti cibi gustosi, raffinati e pieni di zucchero.
Come è possibile allora ridurre l’insulino-resistenza? Ancora una volta la risposta è più semplice di quanto si possa pensare: movimento e nutrizione sana. Il movimento infatti aumenta la sensibilità insulinica permettendo a questa di funzionare meglio, i muscoli sono quindi come dei contenitori per lo zucchero, questo può essere utilizzato o immagazzinato evitando così il suo innalzamento nel sangue, iperglicemia. L’alimentazione gioca ovviamente il suo peso, basta infatti togliere il cibo spazzatura e ridurre soprattutto nelle persone non sportive e sedentarie, la quantità di carboidrati ingerita, privilegiando una quantità sufficiente di proteine per poter mantenere la massa muscolare ed un corretto apporto di grassi non idrogenati, per poter contrastare questo fenomeno sempre più in aumento.
Concludendo questo lungo articolo, credo che il concetto che debba passare così come anche provo a spiegare ai miei pazienti, sia quello che per vivere una vita sana e lunga è fondamentale capire la forte associazione esistente tra stile di vita e salute e solo così possiamo cominciare a mettere in atto misure che possano realmente giocare un importante ruolo preventivo!
https://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2023/04/Copia-di-Copia-di-Copia-di-Nero-Giallo-Verde-Gradiente-Netto-Gaming-Diretta-Copertina-di-Facebook-6.png28885125adminhttps://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/logo_risicato_a-min.pngadmin2023-04-06 10:06:542023-05-15 16:56:39L’importanza della prevenzione
Un’ articolazione è la connessione tra una o più ossa e la sua funzione è quella di permettere il movimento delle stesse. Con il termine workspace, definiamo il volume di movimento che quella data articolazione è in grado di manifestare nello spazio senza la collaborazione di altre articolazioni. L’articolazione è circondata da un particolare tipo di tessuto connettivo, chiamato capsula articolare, che definisce lo spazio all’interno del quale le due ossa compiono il loro movimento descrivendo un volume interno chiamato workspace capsulare. Oltre alla capsula, un’articolazione è costituita anche da altre componenti di tessuto connettivo come il legamenti, i tendini la cartilagine, e generalmente quando l’architettura di tutto questo tessuto connettivo comincia a degradarsi, ecco che cominciamo a definire in ambito medico tutta una serie di patologie che vanno sotto il nome di artrosi, artriti, fibrosi, processi flogistici autoimmuni, ecc.! La manifestazione clinica di tutti questi processi degenerativi o infiammatori e che porta spesso i pazienti a rivolgersi allo specialista, è soprattutto il dolore e la perdita del movimento, data appunto dalla riduzione del workspace capsulare.
Cercando di semplificare possiamo affermare che meno spazio capsulare abbiamo, meno movimento saremo in grado di compiere, riducendo quindi il workspace.
Ma perché con il tempo perdiamo questo spazio articolare andando incontro all’artrosi? È un destino inesorabile legato all’età? È possibile ritardare questo processo? La risposta più frequente che sento dai pazienti è: “dottore la vecchiaia” con annessa espressione di rassegnazione!!!
Ma la risposta che la scienza oggi ci dà, è diversa: da un lato abbiamo la continua ricerca sulle cellule staminali utilizzabili per la ricrescita della cartilagine, lo studio di farmaci sempre più in grado di ridurre il dolore e di contrastare i danni causati da processi infiammatori cronicizzati, l’ozono-terapia, le infiltrazioni di cortisone o acido ialuronico, gli integratori alimentari; dall’altro gli studi di istologia, meccanotrasduzione, biologia, fisiologia muscolare, biomeccanica e biologia evolutiva, ci fanno chiaramente capire che i tessuti biologici si adattano a specifici stimoli che dettano l’architettura degli stessi.
Come è possibile quindi mantenere questo workspace e prevenire l’insorgenza delle suddette problematiche?
Mi piace spiegare questo concetto di prevenzione ai pazienti con una semplice analogia: immaginate l’acqua di un fiume che scorre, maggiore sarà la portata e maggiore sarà l’energia esercitata nello scavare e mantenere i suoi argini, se in un periodo di siccità l’acqua sarà minore, l’energia esercitata sugli argini sarà inferiore ed il letto del fiume si ridurrà; lo spazio capsulare è come gli argini del fiume, si ridurrà nel momento in cui diminuiranno le forze esercitate dalle ossa sulle sua superficie.
Da questo ne deriva che il tessuto connettivo articolare, lo spazio articolare, si adatta agli stimoli che riceve, è plastico e allenabile e per essere mantenuto nei diversi range di movimento deve essere stimolato proprio in tutti i suoi range.
E’ possibile quindi allenare non solo, come spesso avviene in palestra, il tessuto muscolare, ma anche le articolazioni con le sue diverse componenti con l’obiettivo di:
aumentare lo spazio articolare
migliorare l’architettura del tessuto connettivo e la capacità di assorbire e dissipare carico da parte della capsula articolare
I cosiddetti CARs (Rotazioni Articolari Controllate) sono uno strumento che viene incontro al tradizionale trattamento osteopatico e che utilizzo in quanto specialista nel Functional Range System.
https://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/AR_IMMAGINI_CORSO.jpg676555Nikhil Dashttps://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/logo_risicato_a-min.pngNikhil Das2021-08-11 10:16:562023-03-22 15:28:25COSA SONO I CARs?
Si definisce cervicalgia quel dolore che colpisce il tratto di colonna vertebrale chiamato rachide cervicale, composto da sette vertebre, e le cui connessioni con il resto del corpo sono tali da diffondere il malessere, talvolta, persino all’intero organismo.
https://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/08/ANTEPRIME-WORDPRESS_0006_Risicato-54.png6301200Nikhil Dashttps://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/logo_risicato_a-min.pngNikhil Das2021-07-29 17:28:162023-03-22 15:25:23L’osteopatia per la cura della cervicalgia
https://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/08/ANTEPRIME-WORDPRESS_0001_Risicato-97.png6301200Nikhil Dashttps://www.andrearisicato.it/wp-content/uploads/2021/07/logo_risicato_a-min.pngNikhil Das2021-07-23 00:15:202024-07-02 17:22:09L’osteopatia per la cura dell’Epicondilite
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