Allenare un’articolazione

Un’ articolazione è la connessione tra una o più ossa e la sua funzione è quella di permettere il movimento delle stesse. Con il termine workspace, definiamo il volume di movimento che quella data articolazione è in grado di manifestare nello spazio senza la collaborazione di altre articolazioni. L’articolazione è circondata da un particolare tipo di tessuto connettivo, chiamato capsula articolare, che definisce lo spazio all’interno del quale le due ossa compiono il loro movimento descrivendo un volume interno chiamato workspace capsulare. Oltre alla capsula, un’articolazione è costituita anche da altre componenti di tessuto connettivo come il legamenti, i tendini la cartilagine, e generalmente quando l’architettura di tutto questo tessuto connettivo comincia a degradarsi, ecco che cominciamo a definire in ambito medico tutta una serie di patologie che vanno sotto il nome di artrosi, artriti, fibrosi, processi flogistici autoimmuni, ecc.! La manifestazione clinica di tutti questi processi degenerativi o infiammatori e che porta spesso i pazienti a rivolgersi allo specialista, è soprattutto il dolore e la perdita del movimento, data appunto dalla riduzione del workspace capsulare.

Cercando di semplificare possiamo affermare che meno spazio capsulare abbiamo, meno movimento saremo in grado di compiere, riducendo quindi il workspace.

Ma perché con il tempo perdiamo questo spazio articolare andando incontro all’artrosi? È un destino inesorabile legato all’età? È possibile ritardare questo processo? La risposta più frequente che sento dai pazienti è: “dottore la vecchiaia” con annessa espressione di rassegnazione!!!

Ma la risposta che la scienza oggi ci dà, è diversa: da un lato abbiamo la continua ricerca sulle cellule staminali utilizzabili per la ricrescita della cartilagine, lo studio di farmaci sempre più in grado di ridurre il dolore e di contrastare i danni causati da processi infiammatori cronicizzati, l’ozono-terapia, le infiltrazioni di cortisone o acido ialuronico, gli integratori alimentari; dall’altro gli studi di istologia, meccanotrasduzione, biologia, fisiologia muscolare, biomeccanica e biologia evolutiva, ci fanno chiaramente capire che i tessuti biologici si adattano a specifici stimoli che dettano l’architettura degli stessi.

Come è possibile quindi mantenere questo workspace e prevenire l’insorgenza delle suddette problematiche?

Mi piace spiegare questo concetto di prevenzione ai pazienti con una semplice analogia: immaginate l’acqua di un fiume che scorre, maggiore sarà la portata e maggiore sarà l’energia esercitata nello scavare e mantenere i suoi argini, se in un periodo di siccità l’acqua sarà minore, l’energia esercitata sugli argini sarà inferiore ed il letto del fiume si ridurrà; lo spazio capsulare è come gli argini del fiume, si ridurrà nel momento in cui diminuiranno le forze esercitate dalle ossa sulle sua superficie.

Da questo ne deriva che il tessuto connettivo articolare, lo spazio articolare, si adatta agli stimoli che riceve, è plastico e allenabile e per essere mantenuto nei diversi range di movimento deve essere stimolato proprio in tutti i suoi range.

E’ possibile quindi allenare non solo, come spesso avviene in palestra, il tessuto muscolare, ma anche le articolazioni con le sue diverse componenti con l’obiettivo di:

  • aumentare lo spazio articolare
  • migliorare l’architettura del tessuto connettivo e la capacità di assorbire e dissipare carico da parte della capsula articolare
  • aumentare poi la capacità di lavoro muscolare
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